Crollo delle azioni globali dopo la svendita guidata dalla tecnologia e i timori sulla crescita degli Stati Uniti

Crollo delle azioni globali dopo la svendita guidata dalla tecnologia e i timori sulla crescita degli Stati Uniti

La svendita globale sui mercati azionari si è aggravata durante la giornata di ieri mentre i dati sulla disoccupazione negli Stati Uniti hanno raggiunto il massimo degli ultimi tre anni. Il tasso di disoccupazione è salito al 4,3%, rispetto al 4,1% precedente, toccando il suo livello più alto da ottobre 2021.

Non solo: ciò che ha anche contribuito a determinare il prevalere del sentiment di avversione al rischio a livello mondiale è stato senz’altro l'aumento dei tassi della Banca del Giappone (BOJ), che ha determinato il crollo del Nikkei, nonché i dati economici statunitensi attenuati (vedasi l’ISM manufatturiero in contrazione) e gli utili di alcune aziende tech – Tesla e Amazon – non proprio entusiasmanti. Se pensiamo che nell’indice MSCI gli Stati Uniti pesano per il 70% e il Giappone per il 7-8%, il risultato osservabile sull’azionario globale è di facile intuizione.

La Federal Reserve (Fed) ha mantenuto l'attuale tasso di interesse questa settimana (se sei interessato ad approfondire l’argomento puoi leggere il mio articolo: “La Fed mantiene i tassi stabili mentre Powell accenna a un taglio a settembre”), come del resto era già ampiamente previsto, ma questa decisione unita ai fattori sopra riportati ha indotto gli investitori a pensare che forse si sia aspettato troppo ad abbassare i tassi, causando così potenzialmente un ulteriore rallentamento economico.

Il risultato è stato un massivo spostamento di fondi verso asset rifugio come lo yen giapponese, l'oro, i titoli di Stato e l'euro, mentre le azioni, in particolare quelle tecnologiche, hanno subito un forte sell-off (probabilmente determinato anche da consistenti prese di profitto). I future sull'oro al Comex sono saliti dell'1,04% a $ 2.506 (€ 2.321) l'oncia, a pochi centimetri dal massimo storico.

I mercati azionari giapponesi crollano tra le misure restrittive della BOJ

La svendita si è intensificata durante la sessione asiatica di venerdì, quando i mercati azionari giapponesi hanno registrato il calo giornaliero più netto da marzo 2020. Il Nikkei 225 è crollato del 5,81%, mentre il Topix è crollato del 6,14%, segnando il suo giorno peggiore dal 2016.

Entrambi i benchmark sono scesi di oltre il 14% rispetto ai massimi storici di un mese fa.

All'inizio della settimana, la BOJ ha aumentato i tassi di interesse per la seconda volta quest'anno, interrompendo in tal modo il suo valore negativo decennale, e ha annunciato un piano per ridurre gli acquisti di titoli di Stato.

Per contro, lo yen giapponese si è rafforzato in modo significativo dopo la riunione poiché i tassi di interesse più elevati hanno incoraggiato gli investitori a riacquistare lo yen vendendo valute con rendimenti attualmente più contenuti, come il dollaro australiano e il dollaro neozelandese, causando tra l’altro una forte svalutazione delle materie prime negoziate con queste monete.

Il rafforzamento dello yen giapponese ha altresì suscitato preoccupazioni per le aziende esportatrici del Giappone, portando gli investitori a realizzare profitti in azioni e a ritirare i loro contanti dai mercati locali.

Non da ultimo, le banche giapponesi detengono un'enorme quantità di attività all'estero e la posizione aggressiva della BOJ potrebbe aver innescato afflussi di yen, causando cali in altre borse valori, in particolare a Wall Street.

La Fed potrebbe essere in ritardo

Eh sì, la domanda che ora si pongono tutti è proprio questa: e se i tassi fossero stati mantenuti troppo alti per troppo tempo? Che tale dubbio sia dettato dal panico derivante da una svendita globale oppure da un ragionamento ponderato è difficile dirlo, basti pensare che solo sino a due giorni fa i mercati azionari avevano registrato ottime performance (quindi gi dopo l’annuncio della Fed). Quello che è certo è che i prezzi di molte azioni hanno raggiunto nell’ultimo anno livelli veramente alti, in gran parte molto più di quanto potesse essere giustificato dai risultati nell’economia reale.

E, nel momento in cui Il PMI manifatturiero statunitense si è contratto per il quarto mese consecutivo a luglio e le richieste di disoccupazione sono salite al livello più alto da agosto 2023, la paura che gli Stati Uniti abbiano ridotto i giri del loro (potentissimo) motore economico ha trascinato verso il basso tutti i principali indici mondiali, facendo emergere il timore che gli USA possano aver registrato – e osservare anche in futuro – un rallentamento della crescita della loro economia.

Il recente ritiro del mercato è stato anche innescato dalla svendita tecnologica a Wall Street tra rotazioni settoriali e risultati di guadagno deludenti delle principali aziende tecnologiche.

Tesla, Alphabet, Microsoft e Amazon hanno tutte riportato guadagni più deboli del previsto o hanno fornito prospettive di crescita tiepide, il che ha intensificato il declino delle azioni dei noti produttori di chip AI, come Nvidia, AMD e Arm.

I rendimenti dei titoli di Stato USA sono scesi in modo significativo dopo la riunione di politica monetaria della Fed, poiché i titoli sono aumentati di prezzo a causa del sentimento di avversione al rischio (i rendimenti obbligazionari si muovono inversamente ai prezzi dei titoli).

Il Treasury Note a 10 anni è crollato sotto il 4% per la prima volta da gennaio, mentre quello a 2 anni è sceso al 4,14%, il livello più basso da febbraio.

I mercati europei aprono in ribasso mentre l'euro rimbalza

Sul versante europeo, le più importanti banche centrali, tra cui la BCE, la Banca d'Inghilterra e la Banca nazionale svizzera, hanno tutte iniziato a ridurre i loro tassi di interesse nel corso dell’anno.

Nonostante ciò, Le azioni dell’eurozona hanno aperto in ribasso, estendendo le perdite settimanali in mezzo alla generale flessione del mercato. Le vendite sono state particolarmente notevoli nei titoli tecnologici e bancari.

I rendimenti dei titoli di Stato sono scesi ulteriormente dopo il taglio dei tassi della Banca d'Inghilterra (BOE), rispecchiando le tendenze globali.

Tuttavia, l'euro è ancora considerato una valuta di qualità e si è ripreso dal calo del giorno precedente, con l'EUR/USD in rialzo dello 0,3% a 1,0820.

L'inflazione annuale nell'area dell'euro è salita al 2,6% a luglio, dal 2,5% del mese precedente, il che ha aumentato le probabilità di un rallentamento nel ritmo dei tagli dei tassi da parte della Banca centrale europea (BCE) e ha pertanto sostenuto l'euro.

Disclaimer: Il presente articolo ha un puro scopo informativo e non costituisce raccomandazione di investimento. Tutti i diritti riservati.

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