La vittoria di Trump nel 2024 e il controllo repubblicano del Congresso hanno stimolato un'impennata delle azioni della difesa europea, poiché le preoccupazioni sui finanziamenti della NATO e i potenziali tagli agli aiuti militari statunitensi alimentano le aspettative che l'Europa sarà costretta ad incrementare la propria spesa per la difesa.
I titoli UE del settore stanno dunque acquisendo valore sulla scia dell’insediamento del Tycoon: gli investitori sembrano aver letto tra le righe della passata retorica di Trump, ovverosia più condivisione degli oneri della NATO, meno aiuti militari statunitensi ed una potenziale opportunità per le aziende di difesa europee di capitalizzare i budget per la sicurezza, che saranno verosimilmente rafforzati in Europa.
Tutto ciò ha indotto Leonardo SpA a balzare di un ottimo 17% dall'elezione di Trump, il produttore di armi tedesco Rheinmetall AG a guadagnare un impressionante 22% e Hensoldt AG, uno specialista tedesco di sensori per la difesa, a salire di ben il 18%.
Per queste aziende, un potenziale aumento dei finanziamenti per la difesa europea rappresenta un grande vantaggio. In netto contrasto, le case automobilistiche europee hanno visto crollare i prezzi delle loro azioni con la ricomparsa della posizione protezionistica di Trump sul commercio, sollevando il timore di nuovi dazi.
"America first" e "wallet first" della NATO: è il momento che l'Europa paghi?
Durante il suo precedente mandato, Trump non ha nascosto la sua convinzione che gli Stati Uniti sostenessero un peso ingiusto per i costi di difesa della NATO e ha persino paventato l'idea di ritirare gli Stati Uniti dall'alleanza. Alcuni credono che non si sia trattato solo di promesse elettorali. Gli analisti ora si aspettano che l'Europa dovrà scavare più a fondo nelle sue casse.
"L'Unione europea non parla collettivamente con una sola voce e gli stati membri sono molto lontani dall'avere gli stessi obiettivi in materia di difesa", ha scritto in un rapporto il think tank economico Bruegel con sede a Bruxelles.
Lunedì, il ministro degli Esteri tedesco Annalena Baerbock ha affermato: "Dobbiamo pensare in grande agli investimenti nella sicurezza europea e renderli maggori", sostenendo un passaggio dall'obiettivo di difesa del 2% del PIL della NATO a un impegno più sostanziale.
A settembre, il ministro della Difesa tedesco Boris Pistorius ha proposto di aumentare la spesa per la difesa tra il 3% e il 3,5% del prodotto interno lordo (PIL) tedesco. Il sentimento sembra avere sostegno, con un nuovo sondaggio del Koerber-Stiftung Institute che rivela che il 73% dei tedeschi ritiene che la Germania dovrebbe aumentare la spesa per la sicurezza europea.
"Il risultato delle elezioni negli Stati Uniti e la rottura della coalizione del semaforo sono un vero e proprio stress test per l'Europa", ha affermato Nora Müller, responsabile della politica internazionale presso la Körber Foundation. "Il fatto che la maggioranza della popolazione tedesca sia dell'opinione che la Germania dovrebbe investire più denaro nella sicurezza europea dovrebbe essere inteso come un voto per implementare in modo coerente il "punto di svolta", indipendentemente da chi formerà il governo federale in futuro".
Le statistiche della NATO mostrano che nel 2023, solo nove paesi europei (Danimarca, Ungheria, Slovacchia, Finlandia, Lettonia, Lituania, Estonia, Grecia e Polonia) hanno raggiunto l'obiettivo di spesa per la difesa del 2% del PIL.
Al contrario, le tre maggiori economie europee (Germania, Francia e Italia) non hanno raggiunto questo parametro di riferimento, mentre gli Stati Uniti hanno destinato il 3,2% del loro PIL alla difesa, superati solo dalla Polonia.
Gli analisti vedono aumentare in futuro gli esborsi per il settore difesa in Europa
Gli analisti di Goldman Sachs hanno dato il loro parere, suggerendo che la rielezione di Trump potrebbe tradursi in rinnovate richieste di spesa per la difesa in Europa.
Secondo l'analisi della banca d'investimento, raggiungere l'obiettivo del 2% del PIL della NATO e compensare qualsiasi potenziale diminuzione degli aiuti militari statunitensi all'Ucraina potrebbe costare all'Unione europea un ulteriore 0,5% del suo PIL all'anno.
In effetti, gli Stati Uniti attualmente forniscono circa 40 miliardi di euro all'anno (circa lo 0,25% del PIL dell'UE) in supporto militare all'Ucraina, un impegno che Trump ha indicato che avrebbe ritirato. Qualsiasi riduzione del supporto statunitense richiederebbe probabilmente ai paesi europei di aumentare la loro spesa per colmare il vuoto, aggiungendo un'ulteriore responsabilità fiscale sulle spalle europee.
Gli appaltatori della difesa in tutta Europa si stanno già posizionando per potenziali incrementi negli ordini, con giganti come Rheinmetall e Leonardo che si preparano per una domanda crescente.
Armin Papperger, CEO di Rheinmetall, ha osservato che la posizione di Trump "preparerà gli europei a essere più indipendenti", con la pressione crescente degli Stati Uniti affinché gli alleati europei della NATO aumentino i loro bilanci della difesa ben oltre la soglia stabilita del 2%. I CEO della difesa europea guardano quindi all'opportunità tra le nuove pressioni finanziarie e sembrano pronti ad affrontare la sfida e a raccogliere i potenziali frutti.
Roberto Cingolani, CEO di Leonardo, ha recentemente dichiarato al Financial Times che l'Europa deve essere pronta ad agire in modo indipendente. "Come europei siamo pienamente consapevoli, senza che Trump debba dircelo, che dobbiamo aumentare i contributi [alla NATO]", ha affermato. "Dopotutto, non è nel nostro interesse essere i partner di minoranza".
Eppure, la realtà è chiara: gli europei sono chiamati a farsi carico di una parte maggiore del peso della sicurezza del continente, un cambiamento che potrebbe modificare le priorità di finanziamento della difesa e dare forma alle alleanze militari europee per il prossimo futuro.
Mentre il ritorno al potere di Trump sconvolge le relazioni transatlantiche, le nazioni europee e le aziende di difesa si stanno preparando per una nuova era nella spesa per il settore, e cioè in una in cui l'Europa paga e si regge anche sulle proprie gambe.
Infine, una domanda sorge però spontanea: ma siamo veramente così sicuri che ci sia tutto questo bisogno di dedicare un enorme ammontare aggiuntivo per sostenere di fatto – contrariamente a quanto dichiarato – il protrarsi delle guerre?
Forse gli interessi economici sono ben più ampi di quelli reali.
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