Il rischio di una recessione globale è “abbastanza minimo”, ha detto alla CNBC Pierre-Olivier Gourinchas, consigliere economico del Fondo Monetario Internazionale.
Le buone notizie includono la forte performance economica degli Stati Uniti e di diverse Paesi emergenti, insieme al trend in calo, seppur con qualche rallentamento, dell’inflazione; per contro, si assiste ancora ad una crescita piuttosto modesta nel Vecchio Continente. Inoltre, permangono minacce alla ripresa dell’economia derivanti dall’escalation delle tensioni in Medio Oriente.
Cerchiamo dunque di analizzare più nel dettaglio la situazione complessiva
Uno dei principali economisti del Fondo Monetario Internazionale segnala un rischio limitato di recessione globale, nonostante i continui segnali di incertezza geopolitica. L’istituto con sede a Washington DC la scorsa settimana ha infatti spinto le prospettive di crescita globale leggermente al rialzo al 3,2% nel 2024, prevedendo lo stesso tasso nel 2025.
“Quando effettuiamo la valutazione del rischio attorno a tale linea di base, le possibilità che si verifichi qualcosa di simile a una recessione globale sono piuttosto ridotte. Arrivati a questo punto, ci vorrebbe molto (un avvenimento catastrofico, ndr) per far deragliare l’economia mondiale. Quindi c’è stata un’enorme resilienza in termini di prospettive di crescita”, ha detto Martedì Pierre-Olivier Gourinchas, consigliere economico e direttore del dipartimento di ricerca del Fondo Monetario Internazionale nel corso di un’intervista rilasciata alla CNBC durante la riunione del gruppo a New York.
Spostando l’attenzione però sull’Europa, si segnala una certa diversità tra i differenti Paesi UE, con il FMI che ha abbassato le previsioni di crescita per Germania e Francia, ma le ha alzate per Spagna, Portogallo, Belgio e Regno Unito.
Infatti, le previsioni di crescita dall’autunno dello scorso anno hanno dovuto tener conto di una maggiore instabilità geopolitica, data dalle tensioni in Medio Oriente che incombono sul mercato petrolifero, a causa della guerra di Israele con il gruppo militante palestinese Hamas nella Striscia di Gaza, che ha portato anche ad interruzioni nelle rotte marittime nel Mar Rosso, dovute agli attacchi alle navi mercantili ad opera degli Houthi yemeniti. Tutto ciò si è andato a sommare alla guerra già in corso tra Russia e Ucraina, che ha avuto il suo più grande impatto sui prezzi dell’energia in Europa nel 2022, determinando in tal modo un ulteriore peggioramento delle condizioni globali.
Il possibile impatto delle variazioni dei prezzi del petrolio
L’aumento significativo e persistente dei prezzi del petrolio nel corso di quest’anno, così come l’aggiuntiva cessazione delle spedizioni tra Asia ed Europa, potrebbero alimentare l’inflazione nei prossimi mesi, ha osservato Gourinchas, evento che indurrebbe le banche centrali a mantenere alti tassi di interesse più a lungo, andando così a pesare sulla crescita economica mondiale.
Secondo le stime del FMI, un incremento consistente dei prezzi del petrolio di circa il 15% nel corso di quest’anno farebbe aumentare l’inflazione globale di circa lo 0,7%, sebbene il valore dei beni si sia finora dimostrato relativamente stabile nonostante il recente picco delle tensioni tra Israele e Iran (se sei interessato all'argomento, puoi leggere il mio articolo "Quale futuro per i prezzi del petrolio dopo l'attacco dell'Iran a Israele?").
In conclusione, pur essendo complessivamente positive le valutazioni e le ultime previsioni di sviluppo economico mondiale, il Fondo Monetario Internazionale valuta i rischi geopolitici come una “grande preoccupazione”.
“Finora abbiamo in qualche modo gestito la situazione e non stiamo assistendo a grandi ricadute provenienti dal Medio Oriente. Ma questo non è un dato di fatto. Ed è anzi uno delle maggiori minacce che vediamo: le implicazioni che potrebbero avere sui prezzi del petrolio potrebbero essere sostanziali. Se il conflitto dovesse intensificarsi, diventerebbe un problema molto più grande”, ha chiosato Gourinchas.
Al momento però, i due nemici giurati Israele e Iran, dopo un iniziale scambio di attacchi, pare abbiano optato per una “vigile attesa” reciproca. Vedremo l’evoluzione.
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